Il non detto della libertà di Ocone

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La libertà è un po’ come la felicità, so cosa è finché non me lo chiedete. La libertà è partecipazione oppure la difesa della sfera privata? Ecco, alcuni aforismi riscontrabili nel volume, pubblicato da Rubbettino, dal titolo intrigante e criptico, Il non detto della Libertà, ultimo libro del filosofo Corrado Ocone, saggista di Nazione Futura e Fare Futuro. La riflessione di Ocone prosegue i ragionamenti sul precedente libro dedicato alla tensione tra i concetti di salute e libertà, quindi sicurezza e libertà, vale a dire alla sacrificabilità di quest’ultima, invocata, per una ragione o un’altra, dal potere. Dopo una lunga cavalcata, inevitabile concessione alla divulgazione del filosofo, tra Costant, Croce, Bobbio, Heidegger, Gentile, Locke, Stuart Mill, Kant, Berlin, Sartori, Del Noce, Matteucci, il non detto della libertà appare come la presa di coscienza che qualunque sia la prospettiva di valutazione, peraltro sempre legittima, del concetto di libertà, resta sempre qualcosa esterno al suo campo di osservazione. Si resta sempre insoddisfatti della ridefinizione di libertà e rimane sempre un modo alternativo di guardare al tema, condannato a definizioni mai conclusive.

Ocone si trova davanti alla dicotomia della libertà dei filosofi e dei teorici politici delle scienze sociali, che non si apprezzano l’un l’altro e frequentano due mondi separati e quasi non comunicanti. I filosofi puri speculativi politici snobbano le discussioni concrete e non riescono mai a passare dalla teoria pura all’applicazione pratica; gli scienziati sociali giudicano le disposizioni filosofiche quali astruserie metafisiche, soprattutto quando la libertà viene fatta coincidere con l’Essere stesso quindi con il trascendente. La libertà appare con tanti significati diversi. L’autore sembra sostenere lo spirito di Croce, suo maestro, che provò pragmaticamente a costruire un ponte (uno dei tanti) tra filosofi puri e pratici. In realtà la posizione del filosofo di Pescasseroli, considerata ambigua, venne criticata da tutti. La libertà di è espressione di volontà e intenzione, ma la libertà da è, si dice, dal bisogno. La libertà positiva, l’auto-determinazione, l’essere padroni del proprio destino di Berlin convivono con la libertà specifica del repubblicanesimo; la libertà è infinita individuale e libertà degli altri, valore per cui è ammissibile sacrificarsi. La libertà è con Locke la tolleranza e insieme il concetto speculativo dell’identità personale; è con Stuart Mill la conoscenza umana. La libertà è la forma di democrazia diretta degli antichi e la libertà dei diritti personali dei moderni e non è escluso, come rilevava Costant, che tra questi ultimi non ci possano stare quelli degli antichi. Gentile, filosofo europeo, concepisce l’assoluta libertà come assoluta necessità, un tutto che può essere niente. Viene in mente il libero arbitrio di Erasmo ed il servo arbitrio di Lutero. Bobbio costruisce una rete di distinzione in cui le libertà berliniane procedono analiticamente e ambiguamente finché la sfera dell’entità esteriore o dello Stato non rischia la distruzione dell’equilibrio.

Di libertà e democrazia, Sartori parlò come di stretching concepts, concetti stiracchiati, nei quali vengono sempre pigiate troppe cose. Dallo stiracchiamento di libertà vengono liberismo, liberalismo, liberalismo come limite ai poteri costituzionali e liberal all’americana. Anche i famosi Ixos, citati, ovviamente per motivi politici contingenti, da Croce a descrivere l’avvento negativo del fascismo, risultavano, come sanno gli storici, dallo sviluppo di eventi poggiati su mille relazioni senza vuoti, non recidibili con un solo taglio d’accetta. Hegelianamente, ricorda Ocone, anche il più negativo dei momenti storici, ha una sua positività procedendo ad ulteriore sintesi. La libertà ha sempre a che fare con il potere e voler creare gli Ixos per poi distruggerli è operazione costruita dall’alto, un abuso di potere contro il quale la libertà che nasce sempre dal basso si ribella.

Recentemente è tornato lo schema Ixos nello scontro politico globale tra nuovi barbari e cosiddetti civili su Brexit ed alcune ricette di Trump. L’approccio poi ha perso sicumera; non perché i barbari si siano civilizzati, non per ravvedimento ma per la comprensione delle forze politiche dei limiti di governo sulle esigenze economiche e di partecipazione. Il blocco delle organizzazioni politiche ha creato uno scollamento sempre più palpabile fra élite e popolo, una crisi strutturale della democrazia liberale nel rapporto tra libertà e democrazia, di cui sulla scorta di ciò che diceva Croce, Ocone ha scritto in un altro libro. Come due poli della tensione, all’ideologia globalista mondialista si è contrapposta per equilibrio la stagione del sovranismo che ne ha mostrato i limiti e fatto riprendere alla politicai propri spazi. La libertà è imperfezione tipicamente umana, lo stato ottimo non è mai liberale, una società non in crisi, pur chiamando ogni cosa libertà e liberalismo, potrebbe essere totalitaria e liberticida. Il liberalismo invece è lotta continua contro la progettistica dogmatica del -detto giornalisticamente-coccodrillo del politicamente corretto. Suo contrario, il pluralismo produce crisi perenne e strutturale perché la libertà è necessaria esigenza umana di tensione nella realizzazione; è aspirazione a spezzare sempre nuove catene; con Kant, infatti, libertà e coscienza morale coincidono. Il liberalismo ridefinendosi continuamente è una ininterrotta risposta alla sfida del momento nelle situazioni particolari.

Le ricette in tasca, la progettazione dogmatica, l’ingegneria sociale costruttivista, la teologia liberale di una nuova società chiusa, quasi quanto quella cinese, sembrano offrire scorciatoie razionali ma costruiscono un sistema dogmatico rigido di costituzioni, istituzioni politiche e giustizia, qualcosa che ritroviamo pure nell’Unione Europea. La libertà a tavolino definisce solo rapporti di potere. La libertà narcisistica ed egocentrica crea nuove esclusioni per abuso di ragione e cortocircuita la fenomenologia contraddittoria dell’ideologia della Libertà. Si pensi alle idee astratte del fine ultimo della libertà di Marx, del meno Stato, più mercato, più concorrenza, del politicamente corretto. Se non si riconosce dignità all’altro e quindi il pluralismo; ogni idea di purezza in perfetta trasparenza, di tipo giacobina, è l’anticamera di un autoritarismo anche liberale, anzi liberal. Nessuna teorizzazione chiude in un concetto definitivo la nozione di libertà. Il dubbio permanente impedisce le soluzioni provvisorie e le dogmatiche. Il liberalismo non è definibile a meno di trasformarsi in ideologia. Ogni abuso di potere fa vibrare le corde della libertà, come su un altro piano, la coscienza morale.

Matteucci, anticomunista assemblatore di idealismo e di scienze sociali americane (che portò in Italia), pose, nel volume Il liberalismo in un mondo di trasformazione, il problema del rapporto fra liberalismo e libertà, trovando soluzione nel forte riferimento crociano alle istituzioni garanti di libertà. Un esempio dell’approccio conservatore se la tradizione lega la libertà all’ordine spontaneo delle cose, alle risposte che l’umanità ha precedentemente raggiunto. E ’la tensione viva fra progresso e conservazione di Prezzolini che non voleva né stare fermo, né resettare il mondo. La realtà (e la guerra) ci pongono ora in un nuovo quadro di disequilibri mondiale e europeo. L’Europa orientale che un tempo come ricordano Kundera ed Havel, non veniva nemmeno considerata Europa ne è ora lo spazio risolutivo. La non Europa è al centro politico del continente, sale la Mitteleuropa e cala la Framania. La sensibilità europea oscilla tra libertà tramite la guerra e libertà dalla guerra, un quesito che per ora resta anch’esso nel non detto. Anche ciò incide sul confronto tra liberali, popolari e conservatori al crocevia delle euro elezioni dell’anno prossimo che forse faranno un po’ di chiarezza.

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