La grande lezione di Kissinger, in materia di relazioni internazionali, è che una tanto profonda quanto necessaria conoscenza della storia ci insegna come queste ultime, affinché possano avere un valore costruttivo e duraturo, si debbano sempre improntare al principio del realismo nei rapporti effettivi tra stati, scevri, come tali, da ogni connotato personale dei loro rispettivi rappresentanti politici nelle contingenze temporali del caso.
Ciò significa che, anche nella fattispecie dell’attuale, assai grave situazione del contesto internazionale, sarebbe opportuno non identificare i singoli “stati” coinvolti con i loro rispettivi “leaders” politici che li rappresentano e che, quindi, non sono materialmente i loro rispettivi popoli, che, di detti “stati”, attuano nei fatti la storia.
E’ infatti dalla storia dei loro popoli che gli “stati” derivano la loro effettiva sovranità nell’ambito della comunità governata dal diritto internazionale ed a tal principio solamente si dovrebbero attenere gli statisti che intendano utilizzare con qualche successo gli strumenti della diplomazia per la composizione delle crisi; con debito distacco dalle istanze della materiale ed inevitabile propaganda politica delle parti in esse coinvolte.
Purtroppo è un fatto che, nel tragico scenario al presente della sciaguratamente non a suo tempo evitata guerra in Ucraina, per poter passare dalla perpetuazione senza fine di un insensato, quotidiano massacro di vite umane ad un materiale cessate il fuoco non si può continuare con gli stereotipi della più cinica propaganda da parte dei singoli “leaders politici”, ma bisogna che qualche “statista” si desti ed inizi a saper guardare-lungo nel passato e nel futuro dei popoli coinvolti e dei loro reali interessi e diritti umani.
Attingere dai sedimenti culturali anziché dai rifornimenti di munizioni da cannone è molto probabilmente l’unico modo serio per interrompere la carneficina umana e la devastazione economica ora in corso entro i confini della nostra Europa. La saggezza di Kissinger lo suggeriva già anni orsono e, per saper ascoltare, non è mai tardi!
Chi qui scrive ha di recente pubblicato un saggio che aiuta a comprendere le ragioni, sia storiche che giuridiche, della reale situazione di “guerra con la Russia” in cui l’Italia si è venuta oggi -nei fatti- a trovare, con grave suo danno. Una “guerra”, che -non essendo stata evitata- il comune buon senso ora impone soltanto ed in primo luogo di trovare il modo più consono e veloce di dismettere, senza vacuamente riempirsi la bocca della parola “pace”, parola che ancora sembra al momento troppo grossa, nello specifico dell’entità del disastro già, ahinoi perpetrato.
Antonio Belloni
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