Il Rapporto 2022 della Banca d’Italia sull’economia della Lombardia: crisi e incertezze globali, ma la regione e il paese sono più forti

Lombardia

Lo stato di salute dell’economia lombarda è stato fotografato dalla Banca d’Italia nel tradizionale Rapporto annuale presentato a Milano dal direttore di sede Giorgio Gobbi: forte ripresa nel 2021 – più 6,8%, superati i livelli pre-pandemia – con rallentamento nel trimestre finale dell’anno; rallentamento proseguito nei primi mesi del 2022 a causa dell’aumento dei costi dell’energia, delle materie prime e della guerra in Ucraina che fa prevedere una diminuzione dell’1,4% (depurato dagli effetti dell’inflazione) della produzione industriale: da rilevare che nel 2021 essa è cresciuta del 15,6% rispetto al 2020, trainata molto dal settore costruzioni, e l’export è cresciuto del 12,8% (136 miliardi di euro).  Oltre i due terzi delle imprese si attendono riduzioni dell’attività a causa del conflitto in Ucraina, principalmente attraverso un ulteriore aumento dei prezzi energetici e una diminuzione della domanda di beni, per via diretta o indiretta. Comunque la crescita rimarrebbe più o meno stazionaria, niente allarmismi quindi sullo spauracchio recessione. I primi due trimestri del 2022 sono positivi sia per produzione industriale che per export, le incognite riguardano l’approvvigionamento e il costo dell’energia. La Lombardia ha una quota di mercato del 26% delle esportazioni italiane e una quota del valore aggiunto del 22%, il che riflette una vocazione all’esportazione più ampia di altre regioni.

Ancora qualche dato macroeconomico. La fase espansiva ha stimolato l’occupazione, salita nel complesso dell’anno, seppure meno che nella media del Paese. Si è intensificata la ricerca attiva di lavoro, che ha comportato un aumento del tasso di disoccupazione. Il ricorso ai regimi di integrazione salariale è diminuito, pur rimanendo ampiamente superiore ai livelli raggiunti nell’ultimo decennio. Il reddito delle famiglie è tornato a salire, riportandosi su livelli prossimi a quelli pre-pandemici. I consumi, fortemente diminuiti nel 2020, hanno recuperato soltanto in parte e, in prospettiva, potrebbero risentire dell’aumento dei prezzi e del forte calo di fiducia seguito al conflitto in Ucraina. L’indebitamento delle famiglie è cresciuto sia nella componente destinata a finanziare i consumi, sia in quella dei mutui per l’acquisto di abitazioni. La qualità del credito bancario non ha risentito in misura significativa degli effetti della pandemia sull’ economica della regione: il tasso di deterioramento del credito alle imprese è solo lievemente aumentato nella seconda parte del 2021, mentre quello delle famiglie è risultato stabile. Infine, gli enti territoriali hanno affrontato il 2021 partendo da condizioni di bilancio complessivamente migliori rispetto all’anno precedente, grazie anche al contributo delle politiche attuate dal Governo in risposta all’emergenza pandemica. La spesa per investimenti è cresciuta, trainata da quella dei Comuni. In prospettiva, gli investimenti dovrebbero ricevere sostegno dai finanziamenti connessi con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e con il nuovo ciclo 2021-27 dei Programmi operativi regionali (POR).

Il ruolo della Lombardia nell’economia nazionale ha indotto  ad ampliare la visione allo stato del Paese. Con Gian Domenico Auricchio, presidente Unioncamere Lombardia e Lucia Tajoli del Politecnico di Milano (il Rapporto è stato illustrato nei dettagli da Paola Rossi e da Massimiliano Rigon della Banca d’Italia di Milano) il direttore Gobbi ha raffrontato l’economia del Paese nel 2021 con gli anni della crisi del debito sovrano (2010-2011). Le differenze sono notevoli, e tutte in positivo.  Per quanto riguarda l’economia mondiale, l’Italia oggi è ‘creditrice’ del 6% tra import ed export, a differenza, per citare, di Francia e Germania che denunciano segni negativi; il debito pubblico, pur altissimo, è per il 70% in mani italiane ed è inferiore alla media europea, il tessuto imprenditoriale è più robusto, soprattutto nei settori a più avanzata tecnologia. Allora perché – sia all’interno del Paese sia all’estero dove si annida la speculazione  – non c’è percezione di questa realtà?

In suo recente intervento a Milano Jean-Claude Trichet, già presidente della  BCE, l’ha imputata a una insufficiente comunicazione: che, ovviamente, non deve limitarsi ai comunicati stampa, ma a far comprendere con i dati alla mano come chi punta a una crisi dell’Italia corra il serio rischio di rimetterci una barca di soldi: i fondamentali del Paese sono solidi, grazie all’export, alla politica fiscale, al debito sotto controllo, alla bilancia in attivo dei conti correnti. Concludendo che l’Italia 2022 non è nelle condizioni di quella del 2010-11 e può guardare con ragionato ottimismo al proprio futuro.

(  EUROPASIA-ISTITUTO EUROPA ASIA INFORMA)

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