Da mesi in piazza Duomo, in attesa di una moneta e di un pasto caldo Come loro decine di poveri. Non è un’immagine degna di una metropoli internazionale
Milano 5 Marzo – L’uomo è accovacciato sul marciapiede bagnato. Il cappuccio di una felpa sdrucita calcato sulla testa. La barba che spunta e si ghiaccia al contatto con la neve bianca. Abbraccia la sua donna che gli dorme sul cuore, corpo minuto e ciuffetto di capelli opachi e smunti di smog. La tiene stretta dentro una coperta rosa a quadrettoni che qualche milanese dal cuore gentile ha scovato in un vecchio armadio. Accanto a loro un cagnolone biondo dorme il sonno dell’inconsapevolezza e degli animali, basta poco a un cane per essere felice. Hanno scritto un pensiero su un cartoncino lasciato a macerare sull’asfalto umido. Poche righe di inchiostro sgualcito in cui chiedono una moneta e forse la grazia di un sorriso.
Sono i due innamorati di piazza del Duomo a Milano, angolo via Mazzini. Sempre loro, sempre stretti e immobili come gli amanti delle cartoline che si distribuiscono a San Valentino. E bastasse questo a raccontarli…. Perché i due innamorati, dategli voi un nome se volete, sono due senzatetto di Milano, come troppi ce ne sono in questi tempi bui e freddi di gelo siberiano.
Già una volta raccontammo di loro. E fosse questo un trattato sull’amore diremmo che i due lo celebrano a dovere, stretti in una morsa d’affetto pudico e sostegno reciproco da far invidia al mondo borghese e distratto che passa accanto e li nota appena. Ma non è questo il punto. Perché oltre l’abbraccio infinto di due mani forti chiuse nei guanti di lana. Oltre le coperte che si mescolano e confondono e nascondono la puzza lurida e ingrata della strada restano la terra bagnata e dura, i vestiti che diventano macigni e i corpi che sono rattrappiti ed esausti e hanno fame di un tetto e di una vita normale. Lui che infila i calzini e va a lavorare. Lei che mette il rossetto, lo bacia e lo stringe nella promessa di un accogliente ritorno.
INDIFFERENZA
E invece stanno lì esposti alla neve che cade copiosa e strana in queste ore a Milano. E allo sguardo indifferente di una brava signora cinese che guarda e passa. D’altronde sapete, non si curano di loro le istituzioni, perché dovrebbe farlo un passante distratto. L’altro giorno è morto un altro povero a Milano. Aveva 47 anni, l’età di mezzo, non quella dell’inizio e nemmeno quella della fine, e se ne è andato stroncato da un attacco cardiaco provocato dal gelo della notte. Aveva scelto un angolino di via Vittor Pisani per dormire, vicino alla Stazione Centrale, pensava di stordirsi di alcol e chiacchiere vane, non sapeva che andava a morire. Ha consumato il suo pasto freddo e magro e ha atteso il mattino. E il mattino l’ha scovato che era già crepato e partito per l’altro mondo. Un bravo portiere che lavora in quella strada di traffico e gente frettolosa è uscito a spazzare l’immondizia e l’ha visto lì immobile e rigido. Almeno la morte gli ha dato l’onore improvviso di una storia e di un’identità: si chiamava Max e faceva lo chef, chissà se è verità o leggenda, in ogni caso aveva una famiglia e una vita perbene a Pademo Dugnano. Max, i due innamorati, e chissà chi altro. Dunque la domanda sarà banale e scusate se la poniamo in mezzo ai tanti bollettini di guerra di queste giornate di gelo.
Ma le istituzioni dove sono? Il Comune dov’è? L’assessore ai servizi sociali dov’è? Dov’è il così tanto celebrato modello di accoglienza predicato dalla sinistra? Lasciare che una coppia consumi la sua esistenza in un angolo di piazza del Duomo? Che si sfinisca di gelo e fumi di auto e caldaie sotto una scritta -“No tem” – che gronda di rabbia di altri? C’è qualcosa che non toma in questo quadro disperato. C’è una Milano che non ci piace dietro quell’abbraccio d’amore. E non basta dire come fa il sindaco Sala «che non si possono obbligare i senzatetto ad accettare il nostro aiuto». Che «ne hanno contattati 200» in queste notti di Burian implacabile «ma solo 8 hanno risposto all’appello». Si deve e si può fare di più.
POLITICHE ADEGUATE
Siamo capaci di sfamare – grazie ai contributi statali – 6mila profughi. Che detto così significa nulla ma a conti fatti sono 6,3 milioni di euro mensili. E non riusciamo a creare un sistema di accoglienza adeguato per i senzatetto? Rifiutano l’accoglienza molti di loro, questo è vero. «E non c’è legge che consenta di obbligarli». Ma forse la strada è un’altra. È un sentiero impervio e scomodo, fatto di ascolto e assistenza quotidiana, di monitoraggio vigile e capillare, di pasti caldi certo, ma anche reinserimento nel tessuto sociale e lavorativo. E dire che per i profughi si è pensato di istituire una paghetta da 500 euro mensili. E dire che per i profughi si fanno i corsi di integrazione al supermercato. E dire che i profughi vengono coinvolti persino nella pulizia dei muri e delle strade. Milano è un modello sotto molti punti di vista, lo sappiamo. E ci inorgogliscono la sua efficienza e il suo Rinascimento perenne. Ma vedere le sue piazze, le sue strade, i suoi angoli di marciapiedi costellati di anime perse è faccenda che non si tollera più. Questa non è una storia di due innamorati. Questa è una storia triste e non vediamo una fine.
Simona Bertuzzi (Libero)
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