Luogo cadente, record nero di serrande abbassate e commercianti esasperati: «Qui non passa più nessuno» e i pochi sopravvissuti sono quasi tutti stranieri
Milano 26 Ottobre – «RELAX? Shopping? Entra in Galleria Torino» si legge nell’insegna, perennemente spenta, posta all’ingresso del passaggio che collega via Torino con piazza Missori. Ma non c’è peggiore pubblicità di una promessa non mantenuta: la Galleria, luogo di vita fino al decennio scorso, è oggi un antro oscuro e desolante che invita alla tristezza più che agli acquisti. La musica dance, sparata ad altissimi decibel dal venditore di souvenir all’ingresso, tiene ancor più lontano gli avventori. Nell’ultimo anno è stato uno stillicidio di chiusure: il primo a tirare giù la claire, a fine dicembre, è stato il bar Margherita. In estate hanno alzato bandiera bianca il negozio di fotografia, il kebab e l’orologiaio. Tanti avevano fatto lo stesso prima. Stando al racconto dei commercianti, la proprietà dell’area, Dieffe srl, immagina un futuro commerciale più remunerativo, forse un supermercato, sfruttando anche gli spazi sotterranei di un ex bar con biliardi, poi divenuto self service, defunto da tempo, e ha convinto i titolari dei negozi ad andarsene con delle «buonuscite», senza stipulare nuovi contratti d’affitto. Resistono sei attività, la metà in mano ad italiani. Tra questi ultimi, oltre all’agenzia di viaggi e alla bigiotteria, c’è l’unico calzolaio della zona. Marco Dell’Uomo ha inaugurato la bottega “Il mio calzolaio” 12 anni fa e lancia il grido di dolore: «Il destino della Galleria è sospeso, girano le voci più diverse, la proprietà non ci ha mai detto chiaramente cosa intende fare. Io sono preoccupatissimo. Aggiustando le scarpe mi ero ricostruito una vita».
DELL’UOMO, 54 anni, è un ex imprenditore: prima è stato proprietario della nota catena Fotoclick e dal 2002 al 2005 ha avuto un punto vendita proprio in Galleria Torino. Un’avventura finita male. «Sono rinato imparando a fare il calzolaio nella città delle scarpe. A Vigevano ho trovato un maestro che mi ha insegnato tutto. Poi ho avuto la fortuna di poter riaprire qui. Per anni si è lavorato benissimo. Eravamo quasi tutti artigiani italiani. Adesso resisto coi vecchi clienti. Di nuovi non ne entrano più, la Galleria sembra una caverna buia: le lampadine fuori uso non sono mai state sostituite dalla proprietà, nonostante i solleciti. Rimangono tanti negozi spenti, spesso neppure puliti dopo l’abbandono, che sembrano orbite vuote. Il sorriso della Galleria è “cariato”». Due le richieste: «Ripristinare il decoro perduto e poter continuare a lavorare». Stesso sogno del garzone Marco Maddalena, 24 anni, felice di aver imparato un mestiere da tre. Altra soluzione per Dall’Uomo non c’è: «Il mio contratto scade fra sei anni. Trovare un’altra sistemazione in via Torino, col caro affitti, è insostenibile. Trasferendomi in periferia perderei i clienti, di cui sono riuscito a guadagnare la fiducia in questi anni». Preoccupati per la possibile chiusura della Galleria anche i negozi delle vie limitrofe. Teme un «destino fosco» per la Galleria Unione, la prosecuzione della Torino, Settimio Disegni, titolare di una boutique di abbigliamento: «E necessario che sia mantenuta la servitù di passaggio. Altrimenti qui non ci arriverà più nessuno». Un peccato per Iolanda Confalonieri dello storico negozio vintage Napoleone di via Arcimboldi, che rivela: «Tra queste viuzze esistano altri “mondi’ , botteghe originali tutte da scoprire».
Annamaria Lazzari (Il Giorno)
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