Milano 29 Luglio – Etèra, meretrix, cortigiana, fille galante, mantenuta, lucciola, bella di giorno, puttana… e l’elenco potrebbe continuare, fino alle escort e allesex workers di oggi. È comunque quello che, con un eufemismo e molta maschile arroganza, chiamiamo il più antico mestiere del mondo.
Ma lo è per davvero? In realtà no, perché il concetto di prostituzione implica un contesto di rapporti economici e culturali che è estraneo all’uomo primitivo.
Osservando le nostre cugine scimmie si è portati però a credere che la prostituzione abbia, in un certo senso, basi biologiche. Fra gli scimpanzé pigmei dell’Africa Centrale, per esempio, le femmine si concedono ai maschi in cambio di frutti e altre leccornie. Perché lo fanno? Dovendo sostenere per anni il mantenimento di cuccioli, la natura impone loro di selezionare maschi che “pagano”, cioè aiutano a mantenere i piccoli. E i doni finiscono per essere desiderati da queste scimmie anche in assenza di piccoli da mantenere.
CACCIATRICE DI UOMINI. La prostituzione umana ha però radici diverse. Ai tempi dell’uomo preistorico la coppia era probabilmente a termine (ai 6-7 anni di età, i figli passavano sotto il controllo della tribù) e, secondo gli antropologi, nel sesso anche la donna era “cacciatrice”.
Solo con lo sviluppo dell’agricoltura e il passaggio dalla vita nomade a quella stanziale, circa 10 mila anni fa, nacquero, con la coppia stabile, la divisione fra sessualità maschile e femminile e, contemporaneamente, una divaricazione nel destino sociale delle donne.
Il motivo fu in effetti soprattutto economico: per difendere e tramandare la proprietà privata (nata appunto con l’agricoltura) ai propri figli maschi, la paternità doveva essere certa. Quindi diventava necessario imbrigliare la sessualità della “moglie”, limitandone le relazioni sociali al di fuori della famiglia. È a quel punto che, per soddisfare la richiesta sessuale dei maschi non accoppiati e le “eccedenze” di sessualità di quelli già accoppiati, nacquero le prime forme di prostituzione femminile, che da una parte non mettevano a repentaglio la famiglia e dall’altra permettevano la sopravvivenza di molte donne sole.
SESSO SACRO. In origine alla prostituzione si dedicavano le schiave, le giovani sterili o le vedove senza protezione, ma c’erano anche culti che la incoraggiavano (anche quella maschile) e sacerdotesse che diventavano prostitute
L’istituzione delle prime case di tolleranza si fa invece risalire al padre della democrazia: Solone, il riformatore di Atene (VI sec. a. C.). Nella società ateniese, la vita sessuale maschile era a due facce: una privata, orientata verso le donne, di cui però si pensava non valesse la pena di parlare; l’altra pubblica, orientata verso i ragazzi. La disparità dei prezzi fa capire che vi erano diversi mercati sessuali per clientele diverse e con funzioni sociali diverse.
Al livello più basso vi erano le pornai dei bordelli pubblici, schiave appartenenti a un custode, il pornoboskos, che era tenuto a pagare una tassa sulla rendita delle sue dipendenti a un funzionario statale che si fregiava del titolo di pornotelones. Appena un gradino più in alto vi erano le prostitute da strada: potevano essere donne libere ma povere, oppure schiave.
Gli archeologi hanno ritrovato un sandalo disegnato in modo da lasciare impressa nella polvere la parola greca akolouthi (seguimi). Le danzatrici e le suonatrici che provvedevano a procurare l’indispensabile intrattenimento durante i banchetti erano un po’ più care.
Vi erano poi le etère, collocate sul gradino più alto della scala: alcune offrivano i loro favori a chiunque, altre a clienti fissi che però tenevano nascosti uno all’altro. Anche i filosofi frequentavano le etère; molte entravano nella scuola di Epicuro, anche come studentesse, e lo stesso Socrate si intrattenne varie volte con Aspasia. (Focus)
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