Milano 11 Novembre – Il fatto che alcuni eventi singoli possano cambiare la storia della politica non significa che qualsiasi evento sia in grado di farlo. Perciò, troppi entusiasmi per la manifestazione di Bologna finirebbero per affogarne il seme gettato. Che è sostanzialmente uno. Le forze del centrodestra hanno ricominciato a parlarsi e a parlare. Nel senso di parlare al loro popolo. L’Italia è molto più grande e più composita della Cool Italy che vuol disegnare Renzi, quella del merchandising politico, quella di twitter, delle slide, delle e-news, delle svolte buone eccetera eccetera. L’Italia è anche e soprattutto quella delle cartelle esattoriali che falciano gli imprenditori, delle case sfitte e iper tassate, dei quartieri abbandonati. O quella dello Stato che fa prevalere la norma alla vita, e così gente tipo Ermes Mattielli muore di crepacuore dopo un’odissea giudiziaria iniziata per aver difeso, sparando, le proprie cose. Dunque è questa l’Italia che aspetta una risposta. Senza suggestioni, riaprendo le porte di una nuova casa politica.Il percorso è lungo, occorre assestare i ruoli, chiamare a raccolta le migliori energie del Paese. Per questo bisognerà stare attenti a distinguere identità da appartenenza, ad accantonare, a volte, i simboli di partito laddove questi possano essere più d’ostacolo che di valore aggiunto (e ieri questa cosa è stata colta) per poi calarsi nel tempo che si vive. In questo scenario, l’avviso più importante va rivolto a Berlusconi. L’impressione è che sia rimasto intrappolato al ’94 come la sinistra lo fu del 1989. L’Italia non è più la stessa. Molti ragazzi che oggi votano allora non erano nemmeno nati. Berlusconi è ancora un cardine importante dell’area, ma il ruolo da co-federatore, possibile, non coincide più con quello del leader di una coalizione, ormai utopistico. Se pretende di fare il leader, perde la funzione di federatore. Lo si è visto ieri in piazza.
Era ospite in una kermesse messa in piedi da Salvini, ma da consumato show man della politica ha provato a prendere il timone del palco, prendendosi tempi troppo lunghi e ai più giovani non è andata giù.
E poi, lui che ai tempi d’oro scandagliava ogni dettaglio visivo delle performance proprie e della sua cerchia, avrà notato che, esteticamente, l’abbraccio con Salvini e Meloni (che hanno più o meno quarant’anni meno di lui) non rende proprio.
Il problema dell’eredità di Forza Italia, dunque, emerge ed è lampante. Come è lampante, nel contempo, l’eterno complesso ideologico della sinistra. Ieri quelle schifezze immonde dei centri sociali hanno di nuovo mandato in scena la peggiore guerriglia urbana. Ovviamente da sinistra gli strali arrivavano solo verso «la piazza della destra». Non è parso di cogliere il sacrosanto principio secondo cui, prima di contestare l’idea altrui, è doveroso far in modo che questa venga espressa.
Pare esista ancora quel vecchio retaggio secondo cui c’è una parte d’Italia che va imbavagliata, silenziata con pietre e bulloni. Anche per questo, la sfida di un centrodestra competitivo è una sfida innanzitutto di democrazia e di ripristino della legalità perduta.
Gian Marco Chiocci (Il Tempo)
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