Milano 2 Luglio – Mutanti, non regolamentate, pericolose: sono le nuove sostanze psicoattive, sempre di più online. Importate dalla Cina, lavorate in Europa, vendute su siti Web in pacchetti colorati. Così funziona lo slalom tra molecole, packaging, leggi e domini internet.
Paula White non aveva solo il cognome in comune col protagonista di Breaking Bad. Come il professore di chimica della nota serie televisiva, era a capo di un’impresa criminale di produzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Diversamente dal Walter White della pellicola, però, lo faceva alla luce del sole. Perché, almeno apparentemente, vendeva “droghe legali”.
Malgrado ciò all’inizio di giugno la 46enne White è stata condannata dal tribunale di Bolton, zona di Manchester, Gran Bretagna, a nove anni di carcere nella più grande inchiesta inglese contro il mercato delle legal highs. Si tratta di sostanze che per composizione chimica tendono a sfuggire alle leggi sugli stupefacenti, salvo procurare simili effetti ed essere spesso più pericolose. Una zona grigia tra legalità e illegalità che negli ultimi anni ha proliferato in UK e non solo, e su cui ora Londra intende dare un giro di vite.
La fabbrica di sballo
L’inchiesta inglese nasce nel 2013, quando la polizia delle isole del Canale della Manica, in particolare di Jersey, nota un’improvvisa impennata di intossicazioni e malori fra i giovani del luogo, attribuendoli a prodotti non ben identificati. Inizia dunque a intercettare dei pacchi postali che nascondono diversi tipi di legal highs, sostanze che non sono “tabellate”, non rientrano nei divieti della legislazione sulle droghe. Alcune di queste sono vendute come prodotti per la ricerca. Alcune possono essere commercializzate ma non per il consumo umano. Alcune mescolano componenti diversi, confezionati in pacchetti colorati e curati, ma vai a sapere cosa c’è dentro. Le autorità fanno delle analisi, scoprendo che il 77 per cento di questi prodotti, spacciati per legal highs, in realtà contengono sostanze illegali. E che arrivano dagli uffici postali di Bolton, zona di Manchester, un tempo protagonista della rivoluzione industriale e della classe operaia, poi della sua crisi rappresentata nei film di Ken Loach, e infine, a quanto pare, di una nuova e ambigua imprenditorialità che gioca con le opportunità della Rete da un lato, e le contraddizioni della guerra alla droga dall’altro.
Viene dunque individuato e seguito lo spedizioniere che va negli uffici di Bolton a inviare i pacchi. É un collaboratore di Paula White, una imprenditrice fantasiosa che dopo varie attività commerciali nel 2009 aveva lanciato un sito online, Wide Mouth Frogs, dedicato alla vendita di droghe legali. L’anno dopo alcune di queste diventano illecite, ma il sito fa finta di niente e continua a venderle, dissimulandole come “stimolanti legali” e via dicendo, e ricamandoci sopra con nomi come Blue pearls o Magic crystals.
Quando nel maggio 2013 arriva il raid delle forze dell’ordine, viene scoperchiata una vera fabbrica di sostanze. Fra le mura di mattoni rossi dello stabilimento Drake Mill di Farnworth a Bolton, un tempo adibito, come molti altri della zona, alla produzione tessile, gli agenti trovano una fabbrica di stupefacenti piena di macchinari e divisa per aree: stoccaggio, conservazione, confezionamento, spedizione. La materia prima, in un percorso che vedremo usuale, arriva dalla Cina. Nei capannoni di Bolton – che i gestori avevano soprannominato Area51, dalla base militare americana leggendaria per segretezza e mistero – viene lavorata, mescolata, impacchettata e brandizzata. In due anni sono stati venduti così 200 chili di sostanze, per 4 milioni di sterline di incasso, sostengono gli inquirenti. Paula White e i suoi soci vivevano vite agiate: lei in particolare aveva una magione con piscina in Gran Bretagna, una grande villa in Spagna, auto di lusso, abiti firmati, conti in Tanzania e a Cipro. Uno dei membri del gruppo, Rudie Chiu, web designer di 26 anni addetto al sito, faceva arrivare le materie prime a casa di sua nonna e di alcuni amici, per dare meno nell’occhio.
Il sito – raggiungibile da chiunque sulla Rete normale – si presentava come un negozio legale e a norma. Aveva oltre 18mila clienti. I pacchi con i suoi prodotti, spediti in tutto il mondo, garantivano un’aria anonima e al loro interno contenevano anche magliette o libri. Oltre che droghe sintetiche proibite, insieme a miscele di erbe, e in generale nuove sostanze psicoattive (questo è il termine più tecnico e onnicomprensivo) non catalogate dallo Stato e altre invece appena messe al bando. Un calderone legale, chimico e commerciale da far girare la testa.
Legali, illegali, non pervenute: la girandola delle legal highs
Le legal highs – ma il termine più corretto è appunto nuove sostanze psicoattive (NPS), non disciplinate dalle convenzioni Onu e dalle leggi nazionali – spesso hanno una composizione chimica lievemente diversa rispetto alle droghe illegali; in questo modo restano tecnicamente lecite, anche se sono realizzate in modo da suscitare effetti simili, a volte anche più potenti, di cocaina, cannabis, ecstasy, psichedelici vari. Naturalmente, proprio per l’assenza di ricerche sulle stesse, i rischi sono anche più elevati. In una continua rincorsa, mentre alcune di queste sostanze diventano illegali anno dopo anno, ne arrivano di nuove e non classificate a centinaia. Alcune sono vendute in negozi fisici, smartshop che mescolano gadget per la cannabis, erbe africane, asiatiche e sudamericane, e legal highs.
La maggior parte si trova invece online, in siti accessibili da chiunque, e non nel famigerato Dark We b. La ragione è che in alcuni Paesi, come la Gran Bretagna o l’Olanda, queste attività sono formalmente lecite. Ma il business sta spesso nel forzare i limiti legali, navigando nella zona grigia delle chimica e della denominazione di utilizzo delle sostanze, e giocando con le legislazioni di Paesi diversi. Ad esempio il mefedrone (noto anche come mcat o meow meow) è un sostituto dell’ecstasy che circola da anni, oggi illegale in vari Paesi per il consumo umano; può tuttavia essere presentato come fertilizzante o sali da bagno. Siti come Buy-mephedrone-online, localizzati in UK, spediscono in tutto il mondo questa sostanza, dopo essersi approvvigionati da India e Cina. Abbiamo mandato una mail al sito in questione, specificando di vivere in Italia, e chiedendo come potevamo comprare del meph. La risposta ricevuta, via mail, è che possiamo pagare via Western Union.
Una semplice ricerca su Google per Research Chemicals porterà a una serie di siti dai domini simili. Qui si trovano sostanze dai nomi impronunciabili come 5F-AKB-48: ingrediente usato in miscele di cannabinoidi sintetici – dice la scheda prodotto – “al bando in Nuova Zelanda e Giappone ma del tutto legale in UK”. Venduto solo per ricerca, ovviamente. Vietato il consumo umano, è la frase conclusiva ricorrente.
Carola Frediani (La Stampa)
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