Milano 22 Giugno – Cosa è successo realmente a Graz? Questa è la domanda che mi sono posto nel momento stesso in cui i media italiani, dopo aver comunicato la nazionalità dell’assassino, si sono prodigati a sottolineare che si trattasse di un individuo con disturbi psichici, quasi a voler trovare delle giustificazioni al triplice omicidio che il bosniaco ha commesso.
Stando alle dichiarazioni di alcuni testimoni, sabato pomeriggio un uomo alla guida di un suv, ha attraversato le strade del centro di Graz ad un velocità tra i 100 ed i 150 Km/h. Sempre secondo i testimoni oculari l’aggressore rideva dietro il volante del suo SUV mentre guidava lungo la Herrengasse ed ha più volte mirato verso i pedoni o verso gli avventori delle caffetterie nella zona pedonale dove ha ucciso tre persone, tra cui un bambino di sette anni e ne ha ferite 34. Al termine della sua folle corsa è sceso dalla sua automobile ed ha attaccato i passanti col coltello che aveva portato con se ma è stato prontamente bloccato dalla polizia.
26 anni, bosniaco ma con cittadinanza austriaca, in fase di divorzio e con due figli, era già stato segnalato alla direzione della polizia che dichiara, tramite il direttore della Polizia Nazionale, Josef Klamminger, che al momento esclude la motivazione politica, religiosa o settaria della strage. Si tratterebbe di un unico autore, che, dopo una valutazione psicologica, soffre di psicosi violente, ha sottolineato Klamminger.
Anche se probabilmente il bosniaco è un malato psicotico e paranoico, è l’autore della strage e sta di fatto che le agenzie di sicurezza austriache stanno attivamente indagando su di lui. Pur se ufficialmente non avrebbe mai fatto parte di gruppi fanatici religiosi, il capo dell’antiterrorismo sospetta che l’aggressore di Graz possa essere una cellula sfuggita all’arresto durante l’operazione “Palmira” avvenuta tra Vienna, Graz e Linz alla fine di novembre e che portò all’arresto di 29 terroristi islamici.
Era il 28 Novembre 2014, con circa mille agenti in azione e decine di perquisizioni in case e appartamenti, moschee e altri luoghi di culto, iniziò l’operazione Palmira, durante la quale sono scattate le manette per 29 estremisti islamici sospettati di essere la spina dorsale di una rete terroristica attiva in Austria nel reclutamento di giovani musulmani da inviare tra le fila dell’ISIS in Siria. Lo scopo dell’operazione condotta dalla polizia e dall’Ufficio federale per la difesa della Costituzione e la lotta al terrorismo, fu lo smantellamento della rete terroristica islamica che in Austria aveva, in poco tempo, reclutato circa 150 giovani che sono stati poi inviati a ingrossare le fila dei terroristi dello Stato Islamico. L’organizzazione terroristica che era gestita da un gruppo di cittadini islamici di provenienza bosniaca e tutti i militanti reclutati in Austria, in maggioranza bosniaci ivi residenti, venivano inviati nella repubblica balcanica prima di arrivare sul campo di battaglia. L’obiettivo numero uno degli agenti era un predicatore e reclutatore serbo attivo anche in Svizzera e in Germania, Mirsad Omerovic, leader del gruppo jihadista, ben conosciuto nei Balcani, in particolare in Bosnia, nonchè mente del gruppo terroristico colpito a novembre in Austria. Col nome di battaglia “Ebu Tejma”, originario della cittadina serba di Tutin, fra i massimi esponenti del movimento salafita “La vera religione” ma molto attivo nel villaggio bosniaco di Gornja Maoca, enclave controllata da wahabiti e regolata dalla sharia. Omerovic è stato anche collegato alla triste storia delle due minorenni austriache di origine bosniaca, Samra Kesinovic e Sabina Selimovic. Pare infatti che fosse stato proprio lui, il giovane predicatore balcanico, a convincerle ad abbandonare le famiglie ad aprile 2014 per andare a combattere o a sposare guerriglieri dello Stato Islamico in Siria.
Omerovic ha operato infatti negli ultimi mesi prima dell’arresto soprattutto nella capitale austriaca, in particolare nelle moschee Altun-Alem e Masjid al-Iman, entrambe considerate come centri di reclutamento ed è stato indicato persino come il referente a Vienna del califfo al-Baghdadi.
La mente del gruppo, sarebbe stato sul punto di partire verso la Siria, seguendo ormai la collaudata rotta Austria-Bosnia-Siria. L’Operazione Palmira” ne ha evitato la fuga, minando al contempo le fondamenta della “Bosnien Connection”, come ha definito il quotidiano “Die Presse” la rete del terrorismo islamico con ramificazioni in Austria e nei Balcani. Terminata l’Operazione Palmira, però, la Magistratura austriaca dichiarò alla stampa mantenendo il più stretto riserbo su altri dettagli per ragioni strategiche, che non tutti i ricercati sono stati arrestati.
Tornando alla strage di Graz avvenuta sabato, seppur mantenendo il più stretto riserbo, la magistratura sta indagando il bosniaco colpevole del triplice omicidio, di appartenenze ad ambienti vicini al Bosnien Connection. Intanto, altri tre innocenti, tra cui un bambino di sette anni, hanno perso la vita e con molta probabilità, anche questa volta, in nome di Allah, soprattutto alla luce delle dichiarazioni di Peter Gridling, capo della sezione antiterrorismo austriaca in cui preannunciava attacchi terroristici con il coltello o con attacchi alla guida di automobili anche in territorio austriaco.
Impiegato presso una nota multinazionale americana, ha avuto varie esperienze di dirigenza sia in campo professionale che in campo politico.
Scrive per Milanopost ed altre testate, soffermandosi soprattutto su Israele, Medio Oriente, Africa sahariana e subsahariana. Giornalista Freelance scrive più per passione che per professione.