Milano 14 Maggio – La notizia è dell’Ansa di due giorni fa e pochi giornali l’hanno ripresa, quasi fosse un fatto a cui siamo abituati: se ne sentono tante ormai, ogni giorno…ciascuno poi ha i suoi problemi…ormai il mondo è diventato una giungla…ma quell’anziano malato di Alzheimer, segregato in cantina fa rabbrividere. Non si conoscono i dettagli, la notizia è notarile, con gli elementi essenziali, dice “Un anziano disabile, affetto da Alzheimer, era tenuto segregato in una cantina dal cognato che ne aveva la custodia e l’amministrazione dei beni. Lo hanno scoperto i carabinieri di Carpenedolo (Brescia). Dietro una porta chiusa a chiave i militari hanno trovato l’anziano, in mutande e maglietta. Attorno a lui avanzi di cibo ed escrementi e musica ad alto volume per evitare che i vicini potessero sentirne i lamenti. Attaccate al letto anche delle rudimentali cinghie.” Vivere e non sapere di vivere, forse una fortuna per un uomo costretto ad attraversare il tempo nella solitaria condizione di una bestia abbandonata tra escrementi, sporcizia, puzza nauseabonda, negata la dignità, assente il calore di un affetto. E la musica assordante per annullare espressioni di dolore, di presa di coscienza momentanea, di vita. E l’orrore di tanta accurata premeditazione fa rabbrividire: tenuto in vita perché possessore di beni da amministrare, su cui lucrare, senza rimorsi, senza uno spiraglio di umanità.
A tanto può arrivare l’uomo? So benissimo che la durezza del cuore non ha limiti e i fatti di cronaca ce lo ricordano tutti i giorni, ma io ogni giorno mi meraviglio ancora e provo sdegno e sofferenza.
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Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano