Milano 15 Aprile – In queste ore la società Securpolice, l’azienda di Cinisello Balsamo (MI) da cui dipende il personale non armato che ha il compito di presidiare l’ingresso di via Manara del Tribunale di Milano, quello da cui è entrato Claudio Giardiello, è oggetto di un violentissimo sciacallaggio. A lei viene addebitata la responsabilità di non aver impedito che il killer entrasse con una pistola e uccidesse tre persone.
Securpolice, in associazione temporanea d’impresa con l’istituto piemontese di vigilanza privata All System, vinse nel 2011 la gara per la sorveglianza del Palazzo di giustizia milanese.
Come è stato abbondantemente scritto, la gara, ad offerta economica più vantaggiosa, prevedeva un dispositivo di vigilanza misto, composto da portieri disarmati e guardie particolari giurate armate.
In tempi di vacche magre tale “mix” ha permesso al comune di Milano, che ha in carico la gestione dell’edificio, di risparmiare ben 2.800.000 di euro l’anno. Ciò è stato possibile in quanto i portieri hanno un costo orario particolarmente basso. Anzi, per dirla tutta, una paga da fame: il contratto nazionale per i servizi fiduciari prevede uno stipendio di circa 700 euro mensili per 40 ore settimanali.
Per la cronaca, la decisione di affidare la vigilanza del Palazzo di giustizia ad un dispositivo misto di portieri e guardie giurate fu subito contestata dalle associazioni di vigilanza. Secondo quest’ultime, infatti, la professionalità dei portieri non era “adeguata” per gestire un servizio cosi delicato. Ma prima il Tar e poi il Consiglio di Stato hanno bocciato il ricorso.
A parte, quindi, le associazioni di categoria, nessuno ebbe mai qualcosa da ridire sulla scelta al risparmio del committente. Non disse nulla il Procuratore generale presso la Corte d’Appello, primo responsabile della sicurezza del Palazzo di giustizia: senza il suo avallo il comune di Milano non avrebbe potuto procedere alla gara per l’affidamento del servizio. E non disse nulla il Prefetto che, in qualità di responsabile dell’Ordine e dalla Sicurezza pubblica nella provincia, ha la responsabilità di garantire l’incolumità e la sicurezza dei magistrati oltre a quella del perimetro esterno delle strutture giudiziarie.
E la tanto criticata assenza del metal detector nel varco da cui è entrato armato Claudio Giardiello? Fu decisa dalla Commissione di manutenzione degli uffici giudiziari, formata da rappresentanti della Corte d’Appello, dell’Avvocatura Generale, del Tribunale di Milano, della Procura della Repubblica e a cui partecipano anche rappresentanti del Tribunale dei Minori, del Tribunale di Sorveglianza e del Consiglio dell’Ordine degli avvocati. Fu tale Commissione, una sorta di grande assembla di condomino, che decise l’anno scorso di spostare il metal detector, previsto dall’originale capitolato di gara, riservando l’ingresso di via Manara agli “addetti ai lavori”, magistrati e avvocati. Che, quindi, potevano accedere al Palazzo senza particolari formalità essendo sufficiente un sommario controllo “somatico”.
Tutti informati e tutti d’accordo. Nessuno può oggi dire di non sapere. Visto che ci sono i verbali delle riunioni.
Sentire l’altro giorno, a caldo, dal vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura Giovanni Legnini che “i magistrati non possono essere lasciati soli” o dal presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati Rodolfo Maria Sabelli che “sono fatti che hanno un valore simbolico: rappresentano la solitudine in cui e stata lasciata la giustizia”, oltre che “ le misure di sicurezza non hanno funzionato a dovere”, lascia esterrefatti.
E’ la classica italica risposta alle tragedie. Un combinato disposto di scaricabarile e di lezioncina morale.
Quale avrebbe dovuto essere la reazione di un portiere disarmato, normalmente impiegato all’ingresso dei parcheggi dei supermercati, di fronte a Claudio Giardiello, un killer pronto ad uccidere che si allenava da quattro anni in poligono per compiere la sua mattanza? Doveva controllare, la risposta, il tesserino dell’Ordine avvocati visto che si trattava di un varco a loro riservato! E poi, magari, disarmarlo a mani nude. Ma chi può solo lontanamente pensare che una singola persona riesca a controllare le migliaia di avvocati che entrano continuamente ogni mattina nel Palazzo di giustizia milanese? Senza contare che ogni Ordine avvocati ha un modello di tesserino diverso per forma, colore e caratteri utilizzati. Una confusione unica. Gli Ordini avvocati d’Italia hanno mai fornito i loro modelli di tesserino al personale di Securpolice? Attendo risposta. Su questo ha ragione Di Pietro: per entrare in Tribunale è sufficiente la tessera punti dell’Esselunga.
Il finale di questa triste vicenda, purtroppo, è già scritto. Securpolice perderà il contratto, magari anche con delle penali, e licenzierà i portieri. Per qualche settimana davanti al Palazzo ci saranno i militari come se ci trovassimo di fronte al Tribunale di Kandar. L’attenzione sarà al massimo. Passato, poi, lo shock, in parallelo con la scomparsa della notizia dai giornaloni, i signori avvocati e magistrati riprenderanno tranquillamente ad entrare nel Palazzo senza essere controllati o perquisiti.
Nel frattempo ci sarà stato un funerale di Stato per delle vittime che sono il frutto, non dell’asserita delegittimazione dei magistrati, ma della poca attenzione con cui si affronta il tema della sicurezza in Italia. Che, ribadisco, non e’ materia per apprendisti.
Nato a Roma, laureato in Giurisprudenza e Scienze Politiche,
ha ricoperto ruoli dirigenziali nella Pubblica Amministrazione.
Attualmente collabora con il Dipartimento Scienze Veterinarie e Sanità Pubblica dell’Università degli Studi di Milano. E’ autore di numerosi articoli in tema di diritto alimentare su riviste di settore. Partecipa alla realizzazione di seminari e tavole rotonde nell’ambito del One Health Approach. E’ giornalista pubblicista iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Lombardia.