Milano 9 Settembre – L’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori prevede che “fermo restando il diritto al risarcimento del danno, al lavoratore è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un’indennità pari a quindici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale. La richiesta dell’indennità deve essere effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza, o dall’invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione.”.
Ma se il datore di lavoro, per un motivo qualsiasi, smette o ritarda i pagamenti delle quindici mensilità previste? Come ci si deve comportare?
La norma stabilisce infatti che la richiesta del lavoratore di ottenere l’indennità al posto del reintegro “determina la risoluzione del rapporto di lavoro”, ma non spiega cosa succede se il datore di lavoro versa il dovuto in ritardo. Su questo punto si sono alternate diverse interpretazioni.
Una recente sentenza della Cassazione a Sezioni unite, la n. 18353/2014, ha messo un punto fermo: l’azienda in ritardo con il pagamento non dovrà versare all’ex dipendente un numero di stipendi pari a quelli intercorsi fino all’effettivo pagamento dell’indennità stessa, ma dovrà semplicemente pagare gli interessi di mora.
Secondo precedenti sentenze, in caso di mancato pagamento dell’indennità, l’azienda era tenuta a versare tutte le mensilità arretrate: in pratica, il rapporto si intendeva cessato solo con il definitivo pagamento dell’indennità.
Quest’ultima sentenza stabilisce che il ritardo del pagamento dell’indennità non dà diritto al versamento di alcuna mensilità arretrata, ma semplicemente fa maturare i normali interessi di mora: “il rapporto di lavoro si estingue con la comunicazione al datore di lavoro dell’opzione per l’indennità, senza che permanga, per il periodo successivo in cui la prestazione lavorativa non è dovuta dal lavoratore né può essere pretesa dal datore di lavoro, alcun obbligo retributivo”.
Il pagamento dell’indennità resta soggetto “alla disciplina della mora debendi in caso di inadempimento o ritardo nell’adempimento delle obbligazioni pecuniarie del datore di lavoro, quale prevista dall’articolo 429, terzo comma, codice di procedura civile, salva la prova, di cui è onerato il lavoratore, di un danno ulteriore”.
C’è solo da sperare adesso che nessuno si approfitti di questa sentenza per ritardare i pagamenti dovuti, con la scusa che al massimo si dovranno pagare in più i soli interessi di mora.
Nato a Roma, laureato in Giurisprudenza e Scienze Politiche,
ha ricoperto ruoli dirigenziali nella Pubblica Amministrazione.
Attualmente collabora con il Dipartimento Scienze Veterinarie e Sanità Pubblica dell’Università degli Studi di Milano. E’ autore di numerosi articoli in tema di diritto alimentare su riviste di settore. Partecipa alla realizzazione di seminari e tavole rotonde nell’ambito del One Health Approach. E’ giornalista pubblicista iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Lombardia.